Senato della Repubblica seduta n. 424 del 07/04/2022 , interrogazioni indirizzate al Ministro della giustizia, con relativa risposta in aula su situazione di difficolta’ in cui lavora la Polizia penitenziaria , nuovo istituto penitenziario di Bolzano, sulla possibilita’ dotare il personale della polizia penitenziaria di idonei strumenti per difendersi dalle aggressioni internamente alle strutture carcerarie
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, signora Ministro, il Piano carceri 2010 ha previsto la realizzazione del nuovo istituto penitenziario di Bolzano da 250 posti, con uno stanziamento iniziale di 25 milioni di euro. In base all’intesa stipulata con il commissario delegato all’emergenza carceri, la Provincia autonoma di Bolzano si sarebbe assunta i costi di realizzazione e di gestione a valere sul concorso al riequilibrio della finanza pubblica, ai sensi dell’accordo di Milano del 2009. Contestualmente, lo Stato si impegnava anche a cedere alla Provincia la vecchia struttura carceraria, una volta entrata in funzione quella nuova.
La Provincia ha quindi indetto un bando a livello europeo secondo la normativa relativa ai partenariati pubblico-privati riguardante la progettazione, la realizzazione e la gestione dell’opera. Questo bando prevedeva, oltre al pagamento del contributo pubblico per l’investimento, anche un canone di disponibilità e un canone di servizi. Dopo l’espletamento della gara, la procedura è stata sospesa fino al chiarimento sul finanziamento dell’operazione di project financing voluta dal Ministero della giustizia come progetto pilota nell’edilizia penitenziaria.
Ad oggi, la Provincia ha speso oltre 17 milioni di euro integralmente rimborsati dal MEF attraverso il meccanismo dell’accordo di Milano. Con l’aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto dovrà però sostenere i restanti oneri nella misura di oltre 100 milioni di euro nell’arco di sedici anni, per i quali è necessario che trovi applicazione il medesimo meccanismo contabile. Se ciò non accadesse, per la Provincia ci sarebbero pesanti conseguenze finanziarie.
Pertanto le chiedo di sapere se voglia definitivamente accertare l’applicazione del meccanismo di scomputo previsto dall’accordo di Milano e i pagamenti a carico della Provincia di Bolzano per oltre 7,5 milioni di euro all’anno, dal momento che corrisponderebbero a riduzioni di spesa per il Ministero della giustizia e che il nuovo penitenziario costituisce opera pubblica dello Stato, realizzata con finanziamenti erogati dalla Provincia per conto dello Stato.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, professoressa Cartabia, ha facoltà di rispondere all’interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
CARTABIA, ministro della giustizia. Signor Presidente, senatrice Unterberger, è vero: la realizzazione del nuovo penitenziario a Bolzano da 250 posti risale al vecchio Piano carceri del 2010. Sono stati svolti importanti passi, tra cui l’aggiudicazione della gara. Ora c’è una situazione di stallo e la procedura è sospesa proprio per il necessario chiarimento sul finanziamento dell’operazione di partenariato pubblico-privato.
Come già ricordato, per la realizzazione del nuovo istituto penitenziario sono stati al momento spesi circa 17 milioni, integralmente rimborsati dal Ministero dell’economia e delle finanze. Va sottolineato che la disciplina del codice dei contratti pubblici prevede che la pubblica amministrazione in questi contratti debba corrispondere al concessionario canoni periodici per la disponibilità del bene, inclusa la manutenzione ordinaria e straordinaria, e canoni per i servizi offerti (pulizia, mensa, lavanderia, eccetera). Alla fine del periodo concessorio, il concessionario deve consegnare alla pubblica amministrazione l’insieme in perfetto stato di manutenzione.
Nel caso di specie, il canone annuo è pari circa a 7,5 milioni, comprensivo di IVA, ed è composto da una parte per la disponibilità della struttura e un’altra parte per i servizi offerti a copertura dei costi di finanziamento.
Con specifico riferimento alla valutazione da parte dello Stato riguardo all’opportunità di sostenere tutti gli ulteriori oneri relativi anche ai canoni da corrispondere al concessionario, sono tuttora in corso un’approfondita istruttoria e un’approfondita valutazione a livello tecnico, legate alla comparazione tra le spese attuali e quelle future e concernenti anche la necessità, rappresentata dalla direzione generale dei detenuti e dei trattamenti del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, di realizzare un nuovo istituto che corrisponda al carcere della Costituzione, così come disegnato dalla commissione per l’architettura penitenziaria.
In quest’ottica dev’essere segnalato che il tribunale di sorveglianza di Bolzano, in data 6 ottobre 2021, ha rappresentato l’assoluta necessità di avere una nuova struttura penitenziaria nella città e, nelle more, di effettuare numerosi interventi nel carcere attuale, il cui costo si aggira intorno a 5 milioni di euro, a cui vanno aggiunte le spese di ordinario funzionamento.
Qualora si decidesse di edificare comunque il nuovo istituto penitenziario, abbandonando strada del partenariato pubblico-privato, si dovrebbe procedere al passaggio di proprietà dei suoli acquisiti dalla Provincia di Bolzano al demanio e successivamente a reperire i fondi necessari e affidare al Ministero per le infrastrutture e la mobilità sostenibili la progettazione e la costruzione del nuovo istituto penitenziario, allungando notevolmente i tempi di realizzazione e, in quest’ultimo caso, la spesa si aggirerebbe intorno a 72 milioni di euro.
Questi sono gli elementi all’attuale valutazione dell’istruttoria cui facevo riferimento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Unterberger, per due minuti.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, signora Ministra, spero che si riesca a chiarire in tempi brevi, perché da noi in Sudtirolo già da anni e anni si parla del fatto che questo carcere non è più adeguato ed è sovraffollato e che né i detenuti, né la polizia penitenziaria riescono a viverci. Pertanto, c’è veramente l’urgenza di trovare una soluzione.
BALBONI (FdI). Signora Presidente, signora Ministro, come lei sa molto bene, la polizia penitenziaria sta lavorando in condizioni veramente estreme.
Tra l’altro, proprio oggi alcuni sindacati della polizia penitenziaria hanno indetto una manifestazione sotto il Ministero della giustizia, per il prossimo mercoledì, 13 aprile, per chiedere provvedimenti nei loro confronti. Purtroppo, come sa, la polizia penitenziaria è soggetta a continue aggressioni, che ormai non si contano più, e la decisione di chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e di trasferire i detenuti con problemi psichiatrici nei reparti ordinari, perché le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) sono tutte di là da venire, ha aggravato ulteriormente la situazione.
Inoltre, il sistema delle celle aperte, con la cosiddetta vigilanza dinamica, ha purtroppo consegnato alla criminalità organizzata il controllo di molte carceri, perché il personale a disposizione per vigilare è insufficiente, a fronte di detenuti che possono circolare liberamente all’interno del carcere per tutto il giorno. Ci sono carenze di organico, ma soprattutto l’età media è sempre più avanzata, per cui molti agenti di polizia penitenziaria faticano a far fronte a questi compiti tanto gravosi.
Come sa, signor Ministro, i medici all’interno delle carceri non ci sono più, perché l’assistenza sanitaria è stata trasferita alle ASL. Molti agenti di polizia penitenziaria non sanno più cosa fare, perché ormai, sistematicamente, i detenuti li denunciano per tortura, perché abbiamo una fattispecie di tortura talmente elastica, ampia e indifferenziata, per cui ci può stare dentro tutto, persino la sofferenza psicologica, figuriamoci in carcere.
In una situazione del genere, lei ha provveduto alla nomina del nuovo capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP), sollevando le proteste dei sindacati, ma anche persino all’interno del Consiglio superiore della magistratura (CSM), perché indubbiamente il profilo del nuovo capo del DAP è più adatto al garante dei detenuti che al capo della polizia penitenziaria. È una nomina divisiva, purtroppo le ho già fatto presente anche questo e lei mi ha risposto invitandomi a valutarlo sul campo, però, signor Ministro, una nomina del genere andrebbe fatta con un giudizio ex ante e non rinviando a una valutazione ex post. Quindi, da questo punto di vista, le chiedo di sapere in base a quali criteri ha proceduto a questa nomina.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, professoressa Cartabia, ha facoltà di rispondere all’interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
CARTABIA, ministro della giustizia. Signor Presidente, senatore Balboni, abbiamo già avuto modo di confrontarci in altra sede su questo profilo. Per rispondere adeguatamente alla sua domanda, lasciando in disparte l’analisi della situazione carceraria, che lei rappresenta e che meriterebbe ben altro approfondimento in altra sede, occorre ripartire dalla lettura testuale della normativa in vigore, che riguarda la nomina del capo del DAP, che è l’articolo 30, comma 2, della legge n. 395 del 1990, successivamente modificata, di cui do lettura: «Al Dipartimento» dell’amministrazione penitenziaria «è preposto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, scelto tra i magistrati di Cassazione con funzioni direttive superiori o tra i dirigenti generali di pari qualifica, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro di grazia e giustizia».
Quanto alle qualifiche necessarie, la norma parla chiaro: la scelta deve farsi tra magistrati di Cassazione con funzioni direttive superiori, oppure tra dirigenti di livello dirigenziale generale dell’amministrazione penitenziaria. Nell’interrogazione in oggetto si faceva riferimento alla possibilità di scegliere tra le file del Corpo della polizia penitenziaria, ma questo non è consentito dalla normativa vigente.
Quanto alla procedura, il Ministro della giustizia avanza una proposta, a cui seguono una deliberazione del Consiglio dei ministri e un ultimo vaglio del Presidente della Repubblica, poiché l’atto di nomina avviene nella forma del decreto del Presidente della Repubblica (DPR).
Il 17 marzo scorso, in sede di Consiglio dei ministri (che, ripeto, è l’organo competente a deliberare la nomina), è stata distribuita a tutti la documentazione necessaria a valutare la professionalità del dottor Renoldi e la pertinenza delle sue esperienze pregresse rispetto all’incarico da ricoprire. Dalla documentazione emergeva in particolare la sua lunga esperienza (dieci anni) come magistrato di sorveglianza in Sardegna, il servizio prestato al Ministero per affrontare l’emergenza del sovraffollamento carcerario all’epoca della condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Torreggiani (2013), le funzioni ricoperte negli ultimi sei anni presso la prima sezione penale della Corte di cassazione, che si occupa, ratione materiae, di esecuzione della pena anche per i reati gravissimi, inclusa la criminalità organizzata. Il Consiglio dei ministri ha deliberato all’unanimità. Il successivo 22 marzo il Presidente della Repubblica ha firmato l’atto di nomina.
Quanto ai rapporti con i sindacati, a cui lei ha fatto riferimento, è fatto pienamente riscontrabile anche dalle agenzie di stampa che il dottor Renoldi ha già avviato un ampio e proficuo dialogo con tutte le sigle sindacali, anche in occasioni di recentissimi eventi pubblici (convegni organizzati dalle sigle sindacali stesse). Nell’ambito di questo dialogo – com’è stato fatto anche nel passato – saranno affrontati tutti i problemi delle gravi condizioni di lavoro della polizia penitenziaria, di cui sono pienamente consapevole e che tra l’altro ci hanno portato proprio quest’anno nella legge di bilancio, per la prima volta, a stanziare somme adeguate per predisporre un servizio di supporto psicologico ai suoi agenti ben consapevoli che gli anni passati sono stati particolarmente onerosi per loro.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Balboni, per due minuti.
BALBONI (FdI). Non posso dichiararmi soddisfatto, signora Ministro, mi dispiace. Il riferimento all’opportunità di nominare il capo del DAP all’interno del Corpo di polizia penitenziaria era ovviamente un riferimento de iure condendo. Mi interessava sapere la sua opinione; non me l’ha data, però la immagino.
Prendo atto della nomina del dottor Renoldi, di cui però non ho mai messo in dubbio le qualità professionali e il curriculum. Tuttavia, certamente non era l’unico ad avere queste qualità. La scelta del dottor Renoldi, come lei sa, ha suscitato contrarietà all’interno dello stesso CSM. Il dottor Di Matteo ha dichiarato di essere contrario a questa nomina, perché il dottor Renoldi – cito testualmente – “ha delegittimato con parole sprezzanti persone e istituzioni che meritavano rispetto”, riferendosi – come lei sa – alle critiche rivolte dal dottor Renoldi all’antimafia militante, arroccata, secondo il dottor Renoldi, nel culto dei martiri.
Il dottor Renoldi ha manifestato contrarietà agli articoli 41-bis, relativo al regime carcerario duro per i mafiosi, e 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Ha definito il principio della certezza della pena “vecchio retribuzionismo da talk show” e frutto di “ottuso giustizialismo” (cito tra parentesi). Il dottor Salvatore Borsellino ha risposto testualmente alla stampa che Renoldi al DAP è l’ultima cambiale della trattativa Stato-mafia.
Ebbene, signora Ministro, la moglie di Cesare non dev’essere soltanto onesta, deve anche apparire al di sopra di ogni sospetto. In questo caso, penso che, con questa nomina, lei abbia fatto una scelta inutilmente divisiva.
PILLON (L-SP-PSd’Az). Signor Ministro, a partire dal 2018, il Ministro dell’interno pro tempore, Matteo Salvini, aveva dato impulso alla sperimentazione per l’utilizzo, da parte delle forze dell’ordine, delle pistole a impulsi elettrici, i cosiddetti taser, ritenendole un supporto importante per quanti lavorano ogni giorno per garantire la sicurezza e l’ordine pubblico.
Con grande soddisfazione, l’impegno è stato mantenuto e le forze dell’ordine sono state dotate di dispositivi a conduzione elettrica: quasi 5.000 taser sono stati distribuiti su tutto il territorio nazionale. Nella fornitura però non sono stati inclusi purtroppo gli agenti di polizia penitenziaria, che quotidianamente subiscono aggressioni dai detenuti all’interno delle strutture penitenziarie.
Già con un precedente atto di sindacato ispettivo, a prima firma della senatrice Stefani, i parlamentari del Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d’Azione hanno esposto il disagio denunciato dai sindacati di polizia penitenziaria relativamente alle aggressioni subite dagli agenti nello svolgimento del proprio lavoro e dai detenuti perbene.
È solo grazie all’elevata professionalità e all’alto senso di dovere se gli agenti penitenziari riescono a riportare l’ordine all’interno delle strutture carcerarie ed evitare peggiori conseguenze a persone o cose. Gli agenti di polizia penitenziaria sono con troppa frequenza vittime di aggressione ed è fondamentale per la loro incolumità che vengano loro garantiti tutele e strumenti idonei.
A oggi gli agenti di polizia penitenziaria non hanno in previsione la dotazione del taser, ma sarebbe importante rivalutare questa decisione. Si chiede pertanto di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno dotare il personale della polizia penitenziaria di idonei strumenti per difendersi dalle aggressioni internamente alle strutture carcerarie e per difendere gli altri detenuti, come ad esempio i dissuasori elettrici, anche solo ed esclusivamente nei casi in cui si trovino costretti ad affrontare aggressioni alla persona.
Mi permetto di aggiungere che, visitando spesso gli istituti penitenziari, ci troviamo di fronte alla lamentela da parte degli agenti di polizia penitenziaria, che sostengono di avere semplicemente le proprie mani per fronteggiare eventuali aggressioni. L’alternativa è tra l’uso delle proprie mani e l’uso della forza letale costituita dalle armi da fuoco in dotazione. Forse uno strumento intermedio, che salvaguardi la vita dell’aggressore, oltre a quella degli aggrediti, potrebbe essere utile a questo scopo.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, professoressa Cartabia, ha facoltà di rispondere all’interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
CARTABIA, ministro della giustizia. Signor Presidente, senatore Pillon, abbiamo già sottolineato più volte nel corso della seduta, ma anche in un’altra precedente occasione presso la Camera dei deputati, la situazione di difficoltà, tensione, paura e particolare sensibilità che si è venuta a creare in questi anni nell’ambito soprattutto delle carceri, per cause che si possono intuire.
Per questo motivo, nell’interlocuzione con gli agenti della polizia penitenziaria e i loro sindacati sono state già messe in atto una serie di attività volte a rafforzare gli strumenti di sicurezza, tra cui, anche a richiesta dei sindacati, il potenziamento degli strumenti di videosorveglianza e bodycam già operativi, per la cui massima diffusione in tutti gli istituti italiani si sta attivando l’amministrazione.
Un altro sforzo particolarmente attento è stato svolto dall’amministrazione in questo ultimo anno per potenziare la formazione iniziale e quella permanente degli agenti. Lei, senatore Pillon, ha fatto riferimento alla loro professionalità. Si tratta di uno strumento importantissimo e lo è in particolare la formazione per gestire gli eventi critici e gli agiti violenti. Chi presta il suo servizio in carcere sa bene che le condizioni di sicurezza si costruiscono giorno per giorno con la gestione autorevole delle varie criticità che si vengono a manifestare.
Quanto all’eventuale sperimentazione anche per la polizia penitenziaria, è vero quello che lei ha detto, ossia che la polizia penitenziaria non è stata inclusa nell’ambito di sperimentazione dei cosiddetti electroshock weapon, armi a impulsi elettrici, come vengono denominati nel decreto-legge n. 119 del 2014. Taser è un brand, ma anche il modo comune con cui ormai vengono identificati.
Occorre sottolineare che, anche nelle sperimentazioni degli altri Corpi di polizia, sono considerate armi a tutti gli effetti e, come tali, devono sottostare alle stesse regole e alle stesse limitazioni previste per l’impiego di ogni altro armamento speciale di reparto, proprio a garanzia della sicurezza anzitutto di chi le porta. Il senatore interrogante sicuramente sa che gli operatori di polizia penitenziaria hanno in dotazione un’arma di ordinanza, che non può mai entrare nelle sezioni, a tutela anzitutto dell’interessato. Le armi non entrano in carcere, perché ogni arma che entra è un elemento di pericolo in più per tutti. Esistono invece gli interventi con armamenti speciali di reparto (elmetti protettivi anti sommossa, caschi protettivi e maschere antigas) che vengono utilizzati solo in casi di eventi critici e per i quali è necessaria l’autorizzazione specifica del direttore della struttura in casi eccezionali.
L’eventuale sperimentazione dei taser in carcere dovrebbe rientrare in questo secondo gruppo, cioè fra quelle armi e quegli strumenti che sono a disposizione del reparto soltanto per l’uso in caso di eventi critici, perché bisogna tenere conto che garantire la sicurezza in carcere è compito ben più delicato e ben più difficile, come anche già difficile è il compito che spetta alle Forze di polizia all’esterno.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Pillon, per due minuti.
PILLON (L-SP-PSd’Az). Ministro, ci dichiariamo soddisfatti della sua risposta, posto che ci sembra di intuire che la sua volontà sia nel senso di iniziare o di valutare di iniziare una sperimentazione come arma di reparto, ovviamente con tutte le limitazioni e tutte le sicurezze che è necessario garantire, proprio perché non diventi un pericoloso strumento che poi venga rivolto contro coloro che sono lì per tutelare l’ordine pubblico.
Apprendiamo anche con grande soddisfazione dell’inizio della diffusione delle cosiddette bodycam, che sono uno strumento prezioso per le nostre Forze dell’ordine per garantire la sicurezza a loro e anche ai detenuti che vengono spesso fatti oggetto di aggressione da altri detenuti. La ringrazio e le auguro buon lavoro.
PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all’ordine del giorno è così esaurito.