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Torino, la rivolta in carcere finisce su TikTok. Indaga la procura
Sui social un video girata dai detenuti del Ferrante Aporti. L’ipotesi è che ci sia stato un coordinamento con i disordini al Lorusso e Cutugno

La violenza dei giovani detenuti si scatena nell’ufficio del comandante. Urla, offese, calci alle porte e alle finestre. Un video, diffuso nelle scorse ore su TikTok, conferma ancora una volta la presenza di telefoni o tablet nei penitenziari. L’ipotesi a cui stanno lavorando i magistrati, infatti, è che le rivolte scoppiate giovedì notte al Ferrante Aporti e al Lorusso e Cutugno siano state in qualche modo coordinate dall’interno. Con una strategia precisa: distrarre le forze di sicurezza da una parte per consentire ai ragazzi di agire indisturbati. Danneggiamento, violenza privata, lesioni, incendio, tentata evasione, sono le ipotesi di reato.

Ciò che resta del Ferrante Aporti è nelle foto circolate sui social. Uffici devastati, vetri in frantumi, bagni e sale comuni ormai inagibili. “Il massimo del carcere è di 42 persone, noi siamo in 60”, si legge nel video. Da settimane infatti il penitenziario era sul punto di scoppiare. A guidare la sommossa sarebbe stato uno dei ragazzi condannato per aver lanciato la bici dai Murazzi contro Mauro Glorioso.

Placate le tensioni, per la città ora è il momento di reagire. Ieri sera, nel vertice in prefettura a cui hanno partecipato i direttori di entrambe le carceri, si è deciso di potenziare il coordinamento tra amministrazione penitenziaria, forze di polizia ed enti di soccorso. Ma per i radicali, che hanno organizzato un sit-in di protesta, serve fare di più.

 “La situazione terribile di degrado dentro queste strutture provoca delle reazioni”, commenta Igor Boni di Europa Radicale. “Dall’autolesionismo, fino al gesto estremo del suicidio, alla rivolta. Occorre quindi che governo e Parlamento intervengano per ridurre il sovraffollamento che è inaccettabile”. Dall’inizio dell’anno sono 62 i detenuti in Italia che si sono tolti la vita tra le sbarre. 7 gli agenti. I loro nomi oggi campeggiano come un monito davanti al Lorusso e Cutugno. (rainews)

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