Il primo fu un agente di custodia che, all’indomani dell’Armistizio, sacrificò la propria vita per impedire la fuga di 800 detenuti dal carcere di Porto Azzurro; l’ultimo un giovane poliziotto penitenziario barbaramente ucciso dalla mafia nella Palermo degli anni novanta. Sono 60 i caduti del Corpo di Polizia Penitenziaria che vengono ricordati oggi in occasione della Giornata internazionale delle vittime del dovere nelle forze di polizia che, promossa da Interpol, viene celebrata ogni 7 marzo dal 2019.
Un minuto di silenzio, bandiere a mezz’asta in tutte le sedi Interpol del mondo e l’hashtag #FallenOfficers. È l’invito che arriva dal Segretario generale dell’Organizzazione internazionale della polizia criminale, Jürgen Stock, per onorare la memoria di quanti, in tutto il mondo, hanno sacrificato la loro vita indossando con orgoglio una divisa. Una ricorrenza che quest’anno cade nell’ambito delle celebrazioni per i cento anni di cooperazione internazionale di polizia.
Insieme alle altre Forze dell’ordine, anche la Polizia Penitenziaria rivolge oggi un pensiero di riconoscenza per tutti i caduti delle forze dell’ordine. E fra questi, le donne e gli uomini appartenenti al Corpo, i cui nomi sono incisi sulla lapide posta nell’atrio di ingresso del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Dal primo, l’Appuntato degli Agenti di custodia Pasquale De Santis, che l’11 settembre 1943, all’indomani dell’Armistizio, veniva aggredito con un’arma da taglio nella Casa di reclusione di Porto Azzurro da un ergastolano che voleva sottrargli le chiavi del cancello esterno per avviare un’evasione di massa. Nonostante le gravi ferite riportate, l’agente lottò coraggiosamente con l’aggressore, riuscendo alla fine ad aprire il cancello interno per consentire ai colleghi che avevano assistito fin lì impotenti di intervenire e impedire la fuga di oltre 800 detenuti.
Per arrivare all’ultima vittima in ordine di tempo, l’Agente scelto di Polizia Penitenziaria Giuseppe Montalto, in servizio nella sezione 41-bis dell’Ucciardone di Palermo. Montalto venne barbaramente ucciso davanti agli occhi della moglie e della bimba di dieci mesi il 23 dicembre 1995, a soli 27 anni, da due killer di cosa nostra, come vendetta per aver sequestrato un “pizzino” fatto arrivare in carcere ad alcuni mafiosi.
Uno spaccato di 52 anni di storia del Paese vergato su una targa nella quale sono ricordati anche i nomi di magistrati, direttori e collaboratori dell’Amministrazione Penitenziaria “che hanno sacrificato la vita per la difesa della legalità e della democrazia”.