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“Al rinnovo dei contratti abbiamo dedicato un terzo della manovra”

«Per recuperare tutta l’inflazione sarebbero serviti 30 miliardi di euro» sostiene il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo. «Mi sarebbe piaciuto tanto, ma purtroppo occorre fare i conti con la realtà» aggiunge rimandando al mittente le critiche dei sindacati sui pochi soldi destinati ai rinnovi dei contratti su cui sono aperte in queste settimane le trattative. Zangrillo poi ricorda che l’ultima legge di bilancio ha stanziato ben 8 miliardi di 24 per i rinnovi e che dopo aver chiuso la vecchia tornata recuperando un grave ritardo si è partiti subito con quella nuova.

Ministro, si sapeva da tempo che ai dipendenti pubblici sarebbero stati riconosciuti aumenti del 5,8%. Però, adesso che si aprono i tavoli dei rinnovi, i sindacati toccano con mano che è troppo poco.

«L’attenzione del governo per le persone della Pa è massima e lo dimostrano i fatti. Abbiamo recuperato il ritardo ereditato sui rinnovi contrattuali chiudendo in pochi mesi la tornata 2019-2021 e, in continuità come mai era accaduto, abbiamo subito avviato le trattative per il triennio 2022-2024. Quanto agli aumenti, penso sia giusto ricordare da dove siamo partiti: la tornata contrattuale 2016-18 aveva stanziato risorse che garantivano un incremento pari al 3,48%, quella successiva del 4,07%, adesso siamo al 5,8%».

Rispetto all’inflazione del triennio 2022-2024 secondo la Cgil, c’è però una differenza di ben 10 punti.

«Un terzo della intera legge di bilancio, 8 miliardi su 24, è dedicata ai rinnovi contrattuali. Non sono mai state previste così tante risorse. La cosiddetta direttiva “madre”, che contiene la cornice di tutte le altre, è stata inviata all’Aran già il 12 gennaio, pochi giorni dopo il varo della legge di bilancio. Una rapidità senza precedenti. E abbiamo inoltre stabilito di far partire la contrattazione dalle aree più critiche, come il comparto sicurezza e difesa e sanità, particolarmente sollecitati. È vero che c’è una differenza di 10 punti, coprirla tutta avrebbe significato stanziare più di 30 miliardi solo per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. Mi sarebbe piaciuto tanto, ma dobbiamo fare i conti con la realtà».

Il comparto della sicurezza, in particolare, si lamenta. Tolti i 70 euro anticipati a fine anno in media si parla di appena 80 euro in più. Ed i 195 euro di cui parlava ieri il Dipartimento della Pa per la Cgil sono “una media del pollo”.

«Si tratta di circa 115 euro medi per 13 mensilità. Gli altri, circa 80 euro, sono stati anticipati perché si è voluto intervenire sugli stipendi incisi dall’inflazione con un’erogazione già a dicembre 2023. Una parte dell’esborso contrattuale è quindi già avvenuto in un’unica tranche. Quanto al “pollo di Trilussa”, gli incrementi vengono spalmati in modo proporzionale sulla retribuzione media in essere, secondo i calcoli adottati da sempre».

Di che cifre si parla?

«L’Arma dei Carabinieri percepirà, ad esempio, circa 2600 euro annui e la Polizia Penitenziaria circa 2450. C’è un gap da colmare, ma non sui trattamenti parametrali relativi alla parte fissa della retribuzione, che aumenteranno tutti allo stesso modo. Per questo comparto c’è poi un finanziamento ad hoc nella legge di bilancio di circa 30 milioni dal 2024, che diventano 40 dal 2026. Uno sforzo in più per dare il giusto riconoscimento a questi dipendenti».

Gli anticipi sono stati erogati in maniera unilaterale: volevate esautorare i sindacati?

«Il dialogo col sindacato è una ricchezza cui non vogliamo certo rinunciare. L’anticipo erogato unilateralmente è stata una scelta di politica finanziaria che ha permesso di dare ossigeno ai dipendenti pubblici con una rivalutazione degli stipendi già da dicembre. Nessuna lesione dell’autonomia contrattuale. I contratti collettivi hanno infatti la totale libertà di disporre l’intera allocazione di risorse stanziate a regime fra i vari istituti, perché l’anticipo vale solo per quota-parte delle risorse e solo per il 2024».

Anche i sindacati delle Funzioni centrali e quelli della scuola sostengono che i soldi sono troppi pochi. C’è la possibilità di stanziarne altri con la nuova legge di Bilancio?

«Occorre fare i conti con la realtà: la prossima legge di Bilancio sconterà diverse voci di spesa. Perché però non ricordare che con il cuneo fiscale, che è appunto un impegno già dalla legge di Bilancio 2024, si viene incontro ai redditi più bassi in ottica di giustizia sociale che peraltro, incidendo sul costo del lavoro, giova a tutto il sistema economico?».

Si parla già di mobilitazione e del fatto che senza un adeguato recupero del costo della vita si vanificano tutte le innovazioni dell’ultimo contratto.

«Dopo anni di blocchi e ritardi nella contrattazione e leggi finanziarie al risparmio, stiamo dando continuità alle trattative e, mi lasci ribadire anche questo, 8 miliardi su 24 dell’ultima legge di bilancio finanziano i contratti collettivi. Le nostre persone sono il vero patrimonio e il motore di innovazione della Pa, per questo stiamo lavorando anche su formazione, carriere, incentivi al merito, smart working… istituti che consentono migliori condizioni di lavoro, leve di attrattività ed employ retention indispensabili per un’amministrazione moderna e competitiva, che guarda al futuro, all’altezza delle aspettative e delle sfide del nostro tempo».

A inizio anno aveva parlato di 173 mila nuove assunzioni, a che punto siamo?

«Il ripensamento generale delle procedure concorsuali, ora più snelle e veloci grazie alla digitalizzazione, sta permettendo di assumere nuovo personale in tutto il Paese. Nel primo semestre dell’anno sono stati banditi concorsi per oltre 200 mila posti. La strada è quella giusta, dobbiamo continuare a lavorare».

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