Gratteri sulle carceri: “Basta ipocrisie, si pensa solo a fare uscire i detenuti, bisogna intervenire sui tossicodipendenti e su quelli con problemi psichici”
Nel corso dell’incontro con gli studenti di Caposele, in Irpinia, il procuratore di Catanzaro avanza alcune proposte “che il nuovo governo può concretizzare da subito”. E sulla Polizia penitenziaria: “E’ stata umiliata: va motivata e rimessa al centro del sistema”
Sulle carceri “basta ipocrisie, serve maggiore realismo”. Da Caposele, comune dell’Irpinia dove ha tenuto un lungo incontro sulla legalità con gli studenti nell’affollatissimo auditorium dell’istituto comprensivo, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri ha affrontato, tra gli altri, i temi del trattamento dei detenuti e della funzione rieducativa della pena, sollecitato anche dalle riflessioni dell’arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi Pasquale Cascio.
“In questo momento gran parte delle carceri sono dei semplici contenitori, in cui non si fa rieducazione né trattamento, questioni su cui non si è investito negli ultimi anni. Si parla solo di sovraffollamento, di amnistia e indulto, e ci si sbraccia per trovare espedienti su come fare uscire il detenuto dal carcere”, ha detto il procuratore Gratteri, che ha criticato le “passerelle e il fanatismo garantista”: “Per me il garantismo – ha detto – è l’osservanza ortodossa delle regole”.
Il magistrato ha quindi avanzato alcune proposte “che possono essere concretizzate nell’immediato, già nei primi giorni del prossimo governo”. Gratteri ha innanzitutto evidenziato come “molti detenuti sono tali a causa della loro condizione di tossicodipendenza, rubano e fanno rapine per comprarsi la dose. Non ha senso tenere questi ragazzi in carcere se poi appena escono pensano a procurarsi i soldi per la droga. Bisogna fare delle convenzioni con le comunità terapeutiche e capire quali di questi giovani può disintossicarsi”.
Poi il tema dei detenuti con problemi psichiatrici: “Inutile sprecare soldi in progetti inutili, bisogna investire per costruire le rems, le strutture protette che esistono solo sulla carta da quando per legge sono stati chiusi i manicomi”. E ancora sui detenuti stranieri la possibilità di “fare scontare la pena nel paese di provenienza”.
Il procuratore di Catanzaro ha ricordato poi che “sono almeno 40mila i detenuti che possono lavorare – detenuti comuni e di media sicurezza – quindi si potrebbero fare delle convenzioni con i Comuni, le Province e le Regioni per farli lavorare, per pulire giardini, boschi, spiagge, l’alternativa è fargli trascorrere 6, 8 ore al giorno davanti ad un televisore”.
Insomma per Gratteri serve “un modo nuovo di gestire le carceri, sono proposte che si possono fare da domani mattina, dopo si può pensare ad ampliare le strutture già esistenti”. Quello attuale, secondo il procuratore Gratteri, “è un sistema ipocrita se diciamo che la pena tende alla rieducazione, dobbiamo finirla di fare a gara per trovare espedienti per fare uscire i detenuti”.
Poi dal procuratore parte un segnale di attenzione alla Polizia penitenziaria “che si sente delegittimata, demoralizzata, umiliata”. “Bisogna motivare la Polizia penitenziaria – ha detto Gratteri – creare nuovamente l’orgoglio del corpo di appartenenza, che è stato messo da parte e non al centro del problema carceri come i detenuti”.
Riflessioni che hanno rappresentato solo l’inizio di un lungo dibattito sui temi della legalità e della giustizia con gli studenti di Caposele – cittadina di origine del capo della Sezione di polizia giudiziaria della Procura di Catanzaro, il tenente colonnello Gerardo Lardieri, presente in sala così come il giornalista Antonio Nicaso – nel corso del quale Gratteri ha parlato della sua esperienza di magistrato da sempre impegnato nella lotta alla mafia. (catanzaroinforma)