Paolini (Lega): “Aggressione ad Agenti della Polizia Penitenziaria al carcere di Pesaro. Domani vado in visita”
Pesaro – “Ennesima aggressione di un detenuto straniero ad agenti polizia penitenziaria al carcere di Pesaro: domani (sabato 12 marzo) mi recherò al carcere di Villa Fastiggi per portare solidarietà agli agenti aggrediti e vedere di persona quale è l’attuale situazione nel penitenziario. Mi riservo di presentare una interrogazione alla Ministra Cartabia sui fatti accaduti e su quel che si intenda fare per evitare che si ripetano”.
Lo dichiara l’onorevole Luca Paolini della Lega che sottolinea come, a suo avviso, le principali cause di simili episodi, in tutti i penitenziari, sono tre.
“Il personale della Polizia Penitenziaria, sul piano numerico, anagrafico e formativo è insufficiente – spiega – Meno evidente, ma non meno incidente una certa, progressiva, strisciante delegittimazione – per non dire criminalizzazione del Corpo da parte di settori della politica, della stampa, della magistratura e della stessa amministrazione che tendono ad enfatizzare le “colpe” del personale e minimizzare quelle di taluni detenuti, in particolare stranieri – continua l’onorevole leghista – Si distinguono per il sistematico rifiuto delle regole del percorso rieducativo, per le provocazioni, gli atteggiamenti di continua sfida al personale stesso e per le reazioni sproporzionate e violente nei confronti degli agenti, su cui incombono sempre le minacce di denunce, non di rado strumentali o intimidatorie o false – di intimidazioni e danneggiamenti alle cose. Infine, ed è forse la causa più grave – aggiunge l’onorevole fanese – c’è la sostanziale assenza di conseguenze vere, serie, concrete e tempestive per chi aggredisce gli agenti. Le pene minacciate, nella stragrande maggioranza dei casi, arriveranno, sempre che arrivino, dopo 6/7 anni, quando magari il detenuto sarà stato scarcerato o tornato al suo paese, e resteranno, dunque, quasi sempre, puramente teoriche. Tale situazione – conclude Paolini – non contribuisce a creare un minimo di deterrenza dal compiere certi atti, ma, al contrario, incentivano in taluni detenuti un certo senso di “sfida a costo zero” alle istituzioni, che talora serve anche ad affermare o rafforzare il “prestigio” dell’aggressore all’interno del carcere nei confronti degli altri detenuti”.(fanoinforma)